Giorgio Conte, 2009
(foto di Clop, da Wikipedia)
GIORGIO CONTE
(Asti, 23 aprile 1941 – vivente, e che Dio ce lo conservi
ancora a lungo)
Capita, qualche volta, di andare
in oca: rimanere imbambolati, dimenticando tutto. Capita a me, capita a
voi, ma non capita alla protagonista della canzone Gnè Gnè, scritta e
interpretata da Giorgio Conte, fratello del più noto Paolo. Non le capita di
andare in oca perché è un’oca, e, quando attacca con le sue
insulsaggini, nessuno la può fermare, nemmeno lei stessa.
Ho il forte sospetto che l’idea
della canzone sia nata proprio da questo “gnè gnè”, da un momento (voluto) da
oca dell’autore, messosi a vocalizzare a vanvera strimpellando qualche nota
sulla chitarra. Nato il ritornello (ipotizzo), bisognava costruirci attorno una
storia, inventare un personaggio così insulso da poter riassumere il succo
della sue chiacchiere in un interminabile “gnè gnè”.
È successo anche a me: stavo canticchiando
un pezzo strumentale di Händel, con vocalizzi a base di “parapapà”, e a un
certo punto è venuto fuori un “pappare papiri papà”. Mi piacque così tanto che
ne volli ricavare una filastrocca, imbastendoci sopra la storia di un tarlo
schizzinoso che rifiuta tutti i tipi di legno che gli offre suo padre, per
dichiarare alla fine i suoi gusti estremamente circoscritti ed esclusivi:
Quest’è la realtà,
sol questo mi va:
io voglio pappare papiri papà!
Una filastrocca costruita a
partire dalla fine, dall’ultimo verso.
È andata così anche a Giorgio
Conte? O anche queste mie righe non sono nient’altro che un inconcludente “gnè
gnè”?
(La filastrocca A tavola! (Il piccolo tarlo
schizzinoso) è pubblicata nella raccolta Il corvo con la cra-cravatta, Sarnus ed.)
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