giovedì 22 agosto 2013

Parole misteriose: OB-LA-DI OB-LA-DA




OB-LA-DI, OB-LA-DA (fai clic sul titolo per ascoltarla)
(Lennon-McCartney)


Desmond has a barrow in the market place.
Molly is the singer in a band.
Desmond say to Molly «girl I like you face»
And Molly says this as she takes him by the hand:

«Obladi oblada life goes on bra

Lala how the life goes on
Obladi oblada life goes on bra
Lala how the life goes on.»

Desmond takes a trolley to the jewellers stores,

Buys a twenty carat golden ring.
Takes it back to Molly waiting at the door
And as he gives it to her she begins to sing.

In a couple of years they have built

A home sweet home
With a couple of kids running in the yard
Of Desmond and Molly Jones.

Happy ever after in the market place
Desmond lets the children lend a hand.
Molly stays at home and does her pretty face
And in the evening she still sings it with the band.

Happy ever after in the market place
Molly lets the children lend a hand.
Desmond stays at home and does his pretty face
And in the evening she’s a singer with the band.

And if you want some fun – take Obladi Oblada.





OB-LA-DI, OB-LA-DA
(traduzione letterale di Umberto Santucci, da:
Il libro delle canzoni dei Beatles, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1972) Desmond ha un banco sulla piazza del mercato,
Molly canta in un’orchestra.
Desmond dice a Molly: « Pupa, mi piace il tuo viso ».
Molly lo prende per mano e gli dice: « Obladi oblada, la vita corre bralala,
sì, come corre la vita,
obladi oblada, la vita corre bralala,
sì, come corre la vita. »


Desmond prende il tram e va dal gioielliere,
compra un anello d’oro da venti carati,
lo porta a Molly che aspetta sulla porta,
e mentre glielo dà, lei comincia a cantare.

In due anni si sono costruiti
una casa dolce casa
con un paio di bambini che scorrazzano nel cortile
di Desmond e Molly Jones. Poi, sempre felice, sulla piazza del mercato
Molly si fa dare una mano dai bambini
Desmond sta a casa a truccarsi il viso grazioso
e di sera lei canta ancora con l’orchestra.


E se volete divertirvi – cantate obladi oblada.


OBLADÌ OBLADÀ
(Lennon – McCartney, Piccarreda, Mogol)
eseguita dai Ribelli e dai Nuovi Angeli (fai clic sui nomi per ascoltare le versioni italiane)
(Fra parentesi quadre le varianti dei Nuovi Angeli; la punteggiatura è mia.)


Gianni fa le pizze e i tosti al Superbar
Lilly canta al night del
Ragno Blu
Gianni dice a Lilly « Bimba vuoi tentar? »
e Lilly gli risponde « Non ti lascio più! »

Obladì obladà, è la vita:
la la vita è tutta qua.                                    [sì, la vita è tutta qua.]
Obladì obladà, è la vita:
la la vita è tutta qua.



Gianni compra a rate una pietra blu,
con l’anello in tasca esce dal bar.
Lilly sulla strada aspetta, va su e giù,
e poi felice con l’anello va a cantar.

Obladì obladà, è la vita,
la la vita è tutta qua.                                     [sì, la vita è tutta qua.]
Obladì obladà, è la vita,
la la vita è tutta qua.


La casa si fa, lui la fa per lei, per lui.          [La casa si fa, lui la fa per lei, per lei.]
Il bambino verrà, lei lo fa per lui,
per fare felice lui.                                         [per far felice lui.]



Gianni fa le pizze ancora al Superbar,
Lilly col bambino sta a aspettar.
Lui ritorna a casa alle otto e tre:
nessuno più felice a questo mondo c’è...

Obladì obladà, è la vita,
la la vita è tutta qua.                                     [sì, la vita è tutta qua.]
Obladì obladà, è la vita,
la la vita è tutta qua.


La casa si fa, lui la fa per lei, per lui.          [La casa si fa, lui la fa per lei, per lei.]
Il bambino verrà, lei lo fa per lui,
per fare felice lui.                                         [per far felice lui.]


Gianni fa le pizze ancora al Superbar,
Lilly col bambino sta a aspettar.
Lui ritorna a casa alle otto e tre:
nessuno più felice a questo mondo c’è...

Obladì obladà è la vita,
la la vita è tutta qua.                                     [sì, la vita è tutta qua.]
Obladì obladà è la vita,
la la vita è tutta qua.





THE BEATLES
(da sinistra:
George Harrison (1943 –2001)
James Paul McCartney (1942)
Richard Starkey, detto Ringo Starr (1940)
John Winston Lennon (1940 –1980)

nella copertina di
OB-LA-DI, OB-LA-Da


Ai tempi delle Medie Inferiori li ascoltavo nella mitica Hit Parade presentata da Lelio Luttazzi; ai tempi del liceo ho passato ore a registrarne l’opera omnia, in religioso silenzio perché mi toccava farlo semplicemente accostando un microfono al giradischi: ho amato molto i Beatles. E come tutti quelli che amano, anch’io ho dovuto perdonare qualcosa; ma perdonare Ob-la-di Ob-la-da, credetemi, anche per un innamorato è stato difficile.

La canzone è firmata Lennon-McCartney, ma, come tutti gli appassionati sanno, per antico accordo vanno sotto questa firma non solo le canzoni composte in tandem dai due, ma anche quelle composte solo dall’uno o dall’altro. Sappiamo che l’autore del misfatto fu Paul, e in effetti la canzone è tipica della sua indole, aliena dalle inquietudini che caratterizzavano John. L’unico elemento dissonante nell’ordinarissimo quadretto familiare che vi si rappresenta è costituito dal maritino che sta a casa a truccarsi il viso grazioso; ma non fu una scelta consapevole: fu uno sbaglio di Paul durante una prova, che i compagni insistettero per conservare.

Gli altri Beatles non amavano la canzone: John – con un gioco di parole che richiamava la mela granny smith (e ricordiamo che apple = mela era il marchio dei dischi del gruppo) – la chiamava la granny shit (= la nonnina di merda) di Paul. Si opposero perciò alla proposta di Paul di farne un singolo; ma aveva ragione lui: il 45 giri, registrato dai Marmalade, salì al primo posto della classifica delle vendite in Gran Bretagna.

Ma cosa significa Ob-la-di Ob-la-da? Si tratterebbe di un’espressione in lingua yoruba – dicono le sacre fonti e qui, miei diletti, ci dobbiamo fidare – usata dal musicista nigeriano Jimmy Anonmuogharan Scott Emuakpor (per gli amici: Jimmy Scott) nel suo intercalare “Ob la di ob la da, life goes on, bra”, e significherebbe, appunto, “la vita va avanti”.

Scott fece causa a McCartney, ottenendo un riconoscimento economico, dichiarando che si non si trattava di un’espressione di uso generale, ma che era esclusiva della sua famiglia (riferendosi, suppongo, all’intero verso, anziché alle prime due parole).

E qui mi fermo perché, anche se passo per essere un tuttologo, la lingua yoruba non è esattamente la mia specialità.

Ma torniamo alla canzone, perché al peggio, voi m’insegnate, non c’è mai fine: così, a perfezionare il misfatto di McCartney trasformandolo nel delitto perfetto, ci hanno pensato gli italiani, nella persona del produttore cinematografico Felice Piccarreda e – udite udite! – del mitico Mogol.

Una versione, quella italiana, da museo degli orrori. Passi per la ragazza che, nella versione italiana, non sta ad aspettare l’anello davanti alla porta (di casa, si suppone), ma va a prenderlo davanti al bar, per potere poi andare felice in rima a cantar.

Ma come si fa a scrivere
Lui ritorna a casa alle otto e tre:
nessuno più felice a questo mondo c’è...

(condannando oltretutto il malcapitato maritino a un’esasperante, assurda e ridicola puntualità),
quando bastava:
Lui ritorna a casa alle otto, e
nessuno più felice a questo mondo c’è...?

E come si fa a scrivere 
la la vita è tutta qua
obbligando il cantante a ripetere come un’idiota l’articolo determinativo la (si voleva richiamare l’altrettanto insensato bra del testo originale?) e, soprattutto, a mettere l’accento sbagliato su vita, facendola diventare vità?
Il tutto diventa, all’ascolto:
lalla vità è tutta quà (eh sì, quando si canta, sul qua l’accento ci va, eccome!)

I Nuovi Angeli, in un soprassalto di dignità, cambiano così:
sì, la vita è tutta qua,
ma l’accento sbagliato rimane.
Cosa si poteva fare? Mogol, te lo dico in un orecchio: bastava scrivere
la vita sta tutta qua.



SITI INTERNET
Se siete così masochisti da voler approfondire l’argomento, ecco alcuni indirizzi: 
http://en.wikipedia.org/wiki/Ob-La-Di,_Ob-La-Da 
(in italiano: http://it.wikipedia.org/wiki/Ob-La-Di,_Ob-La-Da
http://www.songfacts.com/detail.php?id=150 
http://infinititesti.it/2010/08/23/beatles-obladi-oblada-testo-e-traduzione/ 
http://www.secondhandsongs.com/work/31390
 
LETTURE CONSIGLIATE
Il libro delle canzoni dei Beatles, Milano, Arnoldo Mondadori Editore,
con un’ampia scelta di testi, in lingua originale e in traduzione italiana, e molte illustrazioni fatte appositamente da grafici dell’epoca, è tuttora disponibile in libreria.


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domenica 4 agosto 2013

GIANNI RODARI ovvero GLI ODORI DEI MESTIERI DI OGGI E DI IERI


IL PROFUMO DELLA NONNA

Sa di colla il tappezziere,
di salame il salumiere,
di vernice sa il pittore,
ogni persona ha un odore;
le signore, per civetteria
se lo comprano in profumeria.
Ma c'è un profumo particolare
che non hanno tutte le donne,
perchè non si può comprare:
è il profumo delle nonne.
San di violette messe a seccare
fra le pagine di un libro di fate,
e di fotografie un po’ slavate.
Sanno di amido, di biancheria
con lo spigo messa via;
sanno di orzo e di cotognata,
di biscotto alla noce moscata.

(Isa, riportata ne I Quindici, I libri del come e del perché, vol. 1, U.S.A., Field Enterprises Educational Corporation, 1968)



GLI ODORI DEI MESTIERI

Io so gli odori dei mestieri:
di noce moscata sanno i droghieri,
sa d’olio la tuta dell’operaio,
di farina sa il fornaio,
sanno di terra i contadini,
di vernice gli imbianchini,
sul camice bianco del dottore
di medicine c’è buon odore.
I fannulloni, strano però,
non sanno di nulla e puzzano un po’.

(Gianni Rodari, Filastrocche in cielo e in terra, 1960-1972)



I COLORI DEI MESTIERI

Io so i colori dei mestieri:
sono bianchi i panettieri,
s’alzano prima degli uccelli
e han la farina nei capelli;
sono neri gli spazzacamini,
di sette colori son gli imbianchini;
gli operai dell’officina
hanno una bella tuta azzurrina,
hanno la mani sporche di grasso:
i fannulloni vanno a spasso,
non si sporcano nemmeno un dito,
ma il loro mestiere non è pulito.

(Gianni Rodari, Filastrocche in cielo e in terra, 1960-1972)


IL PIÙ GRANDE

La mucca ha due occhi tondi e belli
e due corna al posto dei capelli.

È grande e grossa di statura.
Muggisce forte ma io non ho paura.

Non ho paura perché
io ho sei anni e lei soltanto tre.

(Dorothy Brown Thompson, trad. Edi; riportata ne I Quindici, I libri del come e del perché, vol. 1, U.S.A., Field Enterprises Educational Corporation, 1968)


LA MIA MUCCA

La mia mucca è turchina
si chiama Carletto
le piace andare in tram
senza pagare il biglietto.

Confina a nord con le corna,
a sud con la coda.
Porta un vecchio cappotto
e scarpe fuori moda.

La sua superficie
non l’ho mai misurata,
dev’ essere un po’ meno
della Basilicata.

La mia mucca è buona
e quando crescerà
sarà la consolazione
di mamma e di papà.

(Signor maestro, il mio tema
potrà forse meravigliarla:
io la mucca non ce l’ho,
ho dovuto inventarla).

(Gianni Rodari, Il libro degli errori, 1964; riportata ne I Quindici, I libri del come e del perché, vol. 1, U.S.A., Field Enterprises Educational Corporation, 1968)


PER ESSER VISPO E SANO

Per esser vispo e sano
io devo, e non c’è caso!
masticare adagino
e respirar col naso.

Tener le spalle addietro,
il busto e il capo eretto,
e non chiudere i vetri
della stanza da letto.

Insaponarmi bene,
lavarmi interamente,
poi stropicciarmi tanto
da sentirmi bollente.

Non devo stare in ozio,
dondolarmi annoiato,
e nemmeno mi giova
il chiasso indiavolato.

Mi giova divertirmi
a un amico d’accanto,
leggere dei bei libri,
non sfogliarli soltanto!

Cominciare ogni cosa
con un’idea sicura;
rammentar che ogni gioco
non va, se troppo dura.

Amar le cose belle
ed oprar gentilmente;
rafforzarmi le membra
ed arricchir la mente.

Davvero, tutto questo;
e per di più la sera,
non con le sole labbra,
devo dir la preghiera.

(Camilla Del Soldato; riportata ne I Quindici, I libri del come e del perché, vol. 1, U.S.A., Field Enterprises Educational Corporation, 1968)


PROBLEMI DI STAGIONE

«Signor maestro, che le salta in mente?
Questo problema è un’astruseria,
non ci si capisce niente:

trovate il perimetro dell’allegria,
la superficie della libertà,
il volume della felicità…

Quest’altro poi
è un po’ troppo difficile per noi:

Quanto pesa una corsa in mezzo ai prati?

Saremo certo bocciati!»

Ma il maestro che ci vede sconsolati:
«Son semplici problemi di stagione.
Durante le vacanze
troverete la soluzione».

(Gianni Rodari, Il libro degli errori, 1964; riportata ne I Quindici, I libri del come e del perché, vol. 1, U.S.A., Field Enterprises Educational Corporation, 1968)




GIANNI RODARI
(Omegna, Verbano Cusio Ossola, 23 ottobre 1920 – Roma, 14 aprile 1980)



L’enciclopedia dell’infanzia mia e dei miei fratelli Tiziano, Annalisa e Valeria è stata Il tesoro del ragazzo italiano di Vincenza Errante e Fernando Palazzi (Torino, UTET, 2a ed., 1954); più tardi arrivarono, per le mie sorelle più piccole – Raffaella e Donata – I Quindici, I libri del come e del perché, (U.S.A., Field Enterprises Educational Corporation, 1968).

Qualche giorno fa ho ripreso in mano il primo volume dei Quindici, quello delle filastrocche: c’è un po’ di tutto, dalle filastrocche popolari ai grandi poeti (Leopardi, Ungaretti, Palazzeschi, Saba, perfino Saffo!), dall’intramontabile Gianni Rodari ai dimenticati Renzo Pezzani e Arpalìce Cumàn Pertile (metto gli accenti per voi, miei diletti, perché da bambini eravamo affascinati da quel nome esotico e da quel doppio cognome, ma sbagliavamo a pronunciarlo).

Ed è stato leggendo una filastrocca della fantomatica Isa (non sono riuscito a trovare alcuna notizia su di lei; ne sapete qualcosa voi? Conto sul vostro aiuto) che mi è venuto in mente proprio Gianni Rodari, perché l’incipit è praticamente identico: la conosceva, il Nostro?

Può darsi, perché partire da un materiale dato, magari per stravolgerlo, è una tecnica creativa che lo stesso Rodari usa, per es., nelle filastrocche de Le favole a rovescio (in Filastrocche in cielo e in terra). Ma nella tensione che si genera tra la filastrocche di Isa e quella di Rodari, come pure tra Il più grande di Dorothy Brown Thompson e La mia mucca di Rodari, c’è tutta la portata della trasformazione della letteratura per ragazzi compiuta da Rodari.

Rodari registra il passaggio da un mondo rurale a un mondo urbano: le sue filastrocche non parlano più di un mondo idilliaco fatto di paesini, mucche e fiorellini, ma della città moderna, dove le mucche non si sono mai viste e il latte arriva direttamente in tetrapak.

Ma Rodari va oltre: i suoi temi non sono più quelli del mondo chiuso degli affetti familiari, di un mondo infantile avulso dalla realtà esterna: Rodari tratta i bambini da pari a pari, come piccoli uomini, e li apre al mondo, con i suoi problemi. Rimane in lui, certo, l’idea della funzione educativa – così spesso pernicosa, nel suo tono predicatorio e paternalistico, in mano ad altri poeti – che molti ritengono debba avere la poesia per ragazzi. Ai divieti di Per esser vispo e sano di Camilla del Soldato (nome omen) Rodari oppone il gesto liberatorio dei Problemi di Stagione; alle norme di buon comportamento in famiglia sostituisce, nelle sue filastrocche, l’impegno civile personale per il progresso e la pace. Il che non gli impedisce di affiancare, a filastrocche impegnate, anche filastrocche di puro divertimento: perché Rodari è, certo, comunista, ma è anche spiritoso (condizione questa, sia detto per inciso, più rara di quella).

Quando ero piccolo in casa tenevamo un’ultima mucca, retaggio dell’origine contadina di mio padre, diventato veterinario. Era una mucca vera, non si chiamava Carletto; ma non è durata molto.



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