giovedì 20 marzo 2014

Canzoni proibite: ENZO JANNACCI, COCHI E RENATO, ovvero HO SOFFRITO PER TE


AVVERTENZA:
Il testo che si presenta, per i suoi contenuti, potrebbe causare insicurezza e turbamento in menti giovani e non ancora formate. Se ne consiglia pertanto la lettura solo a un pubblico adulto e che abbia adempiuto l’obbligo di istruzione.

 

HO SOFFRITO PER TE (1966) (clic per ascoltare la canzone)
(Jannacci, Ponzoni, Pozzetto, Marchesi)
cantano: Cochi e Renato)
(versione originale)

T’ho vista che era sera
davanti a un cinemà:
sembravi proprio vera,
son stato lì a guardar.

T’ho scritto un bigliettino

per dirti del mio amor:
risposta mai non giunse,

capir non so il perché.

Ho soffrito perché

non s’è capito niente.
(Niente)
Ho soffrito perché
adesso un’altra c’è,
adesso un’altra c’è.

T’ho vista un’altra sera:
correvi dietro a un tram,
(28)
correvi troppo forte,

son stato lì a guardar.
 

Ho chiesto a mio cugino
(Aristide)
di scriverti per me:
risposta mai non giunse,
qualche difficoltà.

Ho soffrito perché

non s’è capito niente,
(Niente)
ho soffrito perché
adesso un’altra c’è,
adesso un’altra c’è

Ho soffrito per te,
ma ti perdonerebbi;
ho soffrito per te
che ti hai prenduto me,
che ti hai prenduto me.

Ho soffrito tanto,
ho soffrito moltissimo che non mi ricordo neanche più.
Non farmi più soffriggere.

 

HO SOFFRITO PER TE (clic per vedere l’esibizione televisiva)
(cantano: Cochi e Renato)
(versione tv: Quelli della domenica, 1968)

Non s’è capito niente,

(Proprio niente!)
un tragico equilibrio
(Bilico!)
Ma se tu avrebbi avuto
(Sì...)
un po’ di fede in me
(stesso!)
tu mi comprenderesti
(Sì...)
tu mi comprenderesti
(E allora?)
e allora si salvasse
l’amore mio per te

Ho soffrito perché

non s’è capito niente,
(Niente)
ho soffrito perché
adesso un altra c’è,
adesso un’altra c’è.

Ma se vorrebbi avermi

ancor come una volta,
(Hully gully)
dille che più non venghi
(Hully gully)
e che magari pianghi
(Hully gully)

Dille che se ne vadi,

(Vadi via!)
dille che vadi via,
(Hully gully)
che favi una pazzia
(Hully gully)
e che non venghi più.

Ho soffrito perché

non s’è capito niente,
(Niente)
ho soffrito perché
adesso un altra c’è,
adesso un’altra c’è.

Ho soffrito per te,
ma ti perdonerebbi,
ho soffrito per te
che ti hai prenduto me,
che ti hai prenduto me.

Ho soffrito tanto che non mi ricordo neanche più:
non farmi più soffriggere!





VINCENZO detto ENZO JANNACCI
 Milano, 1935 – ivi, 2013)
fra
AURELIO (detto COCHI) PONZONI
(1941)
(alla sua destra) e
RENATO POZZETTO
(1940)
(alla sua sinistra)


Frequentavo la seconda media quando la RAI – era il pomeriggio di domenica 21 gennaio 1968 – trasmise la prima puntata di Quelli della domenica: uno strano programma, che sovvertiva le regole dell’intrattenimento televisivo. Era condotto da un presentatore sempre imbronciato, che trattava male il pubblico e raccontava strane storie di disavventure impiegatizie; vi partecipavano due ragazzotti che proponevano scenette dal vago sapore surreale e canzoni nonsense. Non mi facevano proprio ridere.
Mi divertivano solo Ric e Gian: una coppia collaudata di comici che proponeva sketch tradizionali. Mi ci son volute diverse puntate per abituarmi e cominciare ad apprezzare quella nuova comicità: non si può dire certo che si sia trattato di amore a prima vista (e nemmeno a seconda e a terza): ma è un amore che dura ancora.
Il presentatore si chiamava Paolo Villaggio, i ragazzotti Cochi e Renato: era la prima volta che comparivano in televisione. Provenivano – ma questo l’ho scoperto solo molti anni dopo – dal Derby Club: un locale fondato a Milano da Gianni e Angela Bongiovanni, nato come ristorante (Gi-Go, 1959) per poi trasformarsi in un locale di musica e cabaret (chiamandosi inizialmente Intra’s Derby Club, 1962, dal nome del jazzista Enrico Intra e per la vicinanza all’ippodromo di San Siro). Avrebbe chiuso nel 1985, passando idealmente il testimone allo Zelig (aperto subito dopo, il 12 maggio 1986). Il Derby fu la palestra di tanti comici e cantautori italiani (per maggiori informazioni, fai clic qui).

Ma torniamo alla trasmissione: alla composizione delle canzoni di Cochi e Renato collaborava Enzo Jannacci – ma nemmeno quello sapevo allora –.
Fu così anche per Ho soffrito per te: una canzone che contestava anarchicamente la grammatica, e il cui testo fu poi riscritto, diventando ancora più nonsense e più sgrammaticato (è quest’ultimo quello utilizzato in Quelli della domenica). 
Gli errori, che riguardano la coniugazione dei verbi, nella prima versione non sono molti:
– un condizionale: (io) ti perdonerebbi anziché “ti perdonerei”, per analogia con “(egli) ti perdonerebbe”;
– due participi passati: “soffrire→soffrito” anziché “sofferto” (per analogia con “capire→capito”), “prendere→prenduto” anziché “preso” (per analogia con “vendere→venduto”).
Ma la chicca sta nel parlato finale, dove da un errore di primo grado ne nasce uno di secondo grado: se “soffrire” genera “soffrito”, con processo inverso “soffrit(t)o” viene fatto risalire a un originario “soffriggere”!
Nella versione televisiva gli errori sono molti di più; si aggiungono:
– inversioni congiuntivo condizionale, che per soprammercato vengono coniugati in modo scorretto: “e allora si salvasse”, “Ma se vorrebbi avermi”;
– ma soprattutto i congiuntivi sbagliati che stavano, per opera di Paolo Villaggio, diventando il marchio di fabbrica linguistico del mondo aziendale di Fantozzi: “venghi”, “pianghi”, “vadi” (a cui si aggiunge il più esotico “che favi una pazzia”).
La fantasia aveva già preso il potere ed era vietato vietare: non era ancora maggio, si era solo in gennaio, ma il mitico ’68 era già cominciato. E io, ahimè, non me ne ero accorto. 

LETTURE CONSIGLIATE
Cochi e Renato, Due brave persone, Milano, Rizzoli, 1975 (BUR: 1983).
Fuori commerico, è reperibile sul mercato antiquario (eBay, Maremagnum, Amazon, ecc.). 


SITI INTERNET:
Fonti consultate, dove potete approfondire l’argomento:
http://it.wikipedia.org/wiki/Cochi_e_Renato 
Pagina di Wikipedia su Cochi e Renato.
http://it.wikipedia.org/wiki/Derby_Club 
Pagina di Wikipedia sul Derby Club.

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sabato 1 marzo 2014

LEWIS CARROLL ovvero SE TU GIOCHI AL “JABBERWOCKY”

JABBERWOCKY

’Twas brillig, and the slithy toves

Did gyre and gimble in the wabe;
All mimsy were the borogoves,
And the mome raths outgrabe.

(Lewis Carroll, Through the Looking-Glass, and What Alice Found There, 1871)

Clicca qui per ascoltare una versione completa recitata, con testo.
Clicca qui per ascoltare una versione completa cantata.




LEWIS CARROLL
(CHARLES LUTWIDGE DODGSON)
(Cheshire, GB, 27 gennaio 1832 – Guildford, GB, 14 gennaio 1898)

 
Jabberwocky è una ballata che compare nel capitolo I di Through the Looking-Glass, and what Alice found there, 1871 (Attraverso lo specchio, e ciò che Alice vi trovò). È un testo tipico e allo stesso tempo unico nella produzione di Lewis Carroll:
– unico perché è il solo testo di Carroll che contenga parole inventate;
– tipico perché è una parodia (anche se, in questo caso, priva di riferimenti a un testo preciso), tecnica che Carroll applica costantemente nei suoi libri (per questo motivo una comprensione adeguata dei testi carrolliani, ricchi di riferimenti a testi del luogo e dell’epoca, richiede, anche per un lettore madrelingua, un apparato di note che non ha nulla da invidiare a quelli della nostra Divina Commedia). Il titolo Jabberwocky è forma avverbiale di Jabberwock: un essere mostruoso che viene sconfitto dall’eroe della ballata.
La quartina qui pubblicata rappresenta l’incipit dell’opera, ma anche il suo explicit. Serve a incorniciare le quartine intermedie, che narrano la storia vera e propria e sono meno ricche di neologismi. In realtà questa quartina era stata scritta molti anni prima delle altre, per un giornalino autoprodotto (Mischmasch, 1855) che il giovane Dodgson (23 anni) scriveva per divertire i suoi numerosi fratelli. Si intitolava Stanza of Anglo-Saxon Poetry (Strofa di una Poesia Anglosassone) e appariva così:



I caratteri pseudorunici e lo “Ye” (grafia arcaica del the) chiariscono l’intento: si tratta di uno scimmiottamento scherzoso dei testi antichi. A questo scopo Dodgson – che sarebbe diventato Carroll solo in occasione della pubblicazione di Alice’s Adventures in Wonderland (Alice nel paese delle meraviglie), 1865 – dà un “colore” arcaico alle parole usando forme e gruppi consonantici propri dell’inglese antico. Esempi:
Brillig: -ig è un suffisso aggettivale tipico dell’inglese antico, ma non dell’inglese moderno; Outgrabe: past tense (tempo passato) di outgribe; ma nell’inglese moderno è anomalo (lo troviamo solo in lie); l’accento sul prefisso dei verbi composti era in via di estinzione nel XIX secolo;
Did gyre: do in proposizioni affermative era pressoché estinto in prosa e probabilmente appariva arcaico in poesia.

It seems very pretty, but it’s rather hard to understand!” (“Sembra molto carino, ma è piuttosto difficile da capire!”) commenta Alice. In effetti il testo ha una struttura chiara, perché i termini grammaticali sono conservati, mentre quelli lessicali – benché inventati e dal significato sconosciuto – sono riconoscibili, in base alla posizione e alla terminazione, come aggettivi, sostantivi o verbi.

Un primo tentativo di traduzione suonerebbe così:

Era brillig, e gli slithy [agg.] toves [sost. plur.]
gyravano e gimblavano nello wabe;
tutti mimsy [agg.] erano i borogoves [sost. plur.],
e i mome [agg.] raths [sost. plur.] outgrabavano.

Ma cosa significano – se un significato ce l’hanno – queste parole misteriose?
Una prima spiegazione viene data dal giovane Dodgson nello stesso Mischmasch; una seconda spiegazione viene messa in bocca da Carroll, nel capitolo VI, a un personaggio del romanzo, Humpty Dumpty; infine, alcuni termini risultano esistenti – fa notare Martin Gardner nella suo monumentale e giustamente celebrato The annotated Alice - The Definitive Edition – ma ad essi l’autore dà quasi sempre un significato diverso.

BRILLIG
Dodgson – (Da to BRYL o BROIL): l’ora di arrostire la cena, cioè la fine del pomeriggio. Carroll – L’ora in cui si comincia il BROILING [cottura a fuoco vivo] del cibo per la cena.

SLITHY
Dodgson – Da SLIMY [fangoso; viscido; ripugnante] + LITHE [flessuoso; agile; snello]): liscio e attivo.
CarrollLITHE [flessuoso; agile; snello] + SLIMY [fangoso; viscido; ripugnante]; LITHE è lo stesso di ACTIVE [attivo; sveglio].
Gardner – Variante di SLEATHY, obsoleto: trasandato (Oxford English Dictionary).

TOVES
Dodgson – Specie di tassi, dal pelo bianco e liscio, lunghe zampe posteriori e corna corte come un cervo [?!]; si nutrivano principalmente di formaggio.
Carroll – Assomigliano ai tassi, alle lucertole e ai cavatappi; fanno la tana sotto le meridiane e si cibano di formaggio.

To GYRE
Dodgson – Da GYAOUR o GIAOUR, cane: grattare come un cane.
Carroll – Girare come un GYROSCOPE [giroscopio].
Gardner – Girare, turbinare (l’Oxford English Dictionary la data intorno al 1420).

To GIMBLE
Dodgson – (Da cui GIMBLET [succhiello]): fare buchi su quasiasi cosa.
Carroll – Fare buchi come un GIMLET [succhiello].
Gardner – Variante di GIMBAL: anello montato su un perno, usato, per es., per sospendere la bussola della nave (Oxford English Dictionary).

THE WABE
Dodgson – (Da to SWAB [pulire con lo strofinaccio] o SOAK [inzuppare]), il lato della collina (perché è inzuppata dalla pioggia).
Carroll – Tratto di terreno erboso sotto la meridiana. Si chiama WABE perché si estende per una long WAY BEfore it [lungo tratto davanti ad essa], una long WAY BEhind it [lungo tratto dietro ad essa], e una long WAY BEyond it [lungo tratto oltre ad essa].

MIMSY
Dodgson – (Da MIMSERABLE e MISERABLE [misero; fastidioso]): infelice.
CarrollFLIMSY [fragile; inconsistente] + MISERABLE [misero; fastidioso].
GardnerMIMSEY: affettato, bigotto (Oxford English Dictionary).

BOROGOVE
Dodgson – Specie estinta di pappagalli. Privi di ali, col becco in su, fanno i nidi sulle meridiane; si nutrivano di vitelli.
Carroll – Uccello dall’aspetto malconcio con le penne irte, una specie di scopa lavapavimenti vivente.

MOME
Dodgson – (Da cui SOLEMOME, SOLEMONE, e SOLEMN [solenne]): grave.
Carroll – Forse è un’abbreviazione di FROM HOME [da casa], cioè che hanno perso la strada.
Gardner – Raro: madre, zuccone, critico incontentabile, buffone; ma nell’antico irlandese: recinto difensivo in mattoni cotti.

RATH
Dodgson – Specie di tartaruga terrestre. Capo eretto, bocca come da pescecane, zampe anteriori curvate all’infuori per cui camminava sulle ginocchia; corpo liscio e verde; si nutriva di rondini e ostriche.
Carroll – Specie di maiale verde.

OUTGRABE
Dodgson – Passato di to OUTGRIBE (legato all’antico GRIKE or SHRIKE, da cui derivano SHRIEK [grido, strillo] e CREAK [cigolio; scricchiolio]): squittì [o: guaì; pigolò, cigolò].
Carroll – Da OUTGRABING: sta fra il BELLOWING [che muggisce, o barrisce, o urla] e lo WHISTLING [che fischia], con una specie di SNEEZE [starnuto] nel mezzo.

Dunque i procedimenti usati da Carroll per ottenere le parole del suo nonsense sono tre:
– neologismi, ai quali dare significati arbitrari, per es: BOROGOVE;
– parole-valigia o parole-baule (portemanteau words), per es.: SLIMY + LITHE = SLITHY;
– parole esistenti, alle quali applicare una falsa etimologia, per es. l’autentico MOME, da cui sarebbero nati, in successione, gli improbabili SOLEMOME e SOLEMONE seguiti dall’autentico SOLEMN.
Il fatto notevole è che il risultato può essere sottoposto a reinterpretazione, come in effetti Carroll fece:
– l’interpretazione dei neologismi, essendo arbitraria, può essere ovviamente cambiata a piacere, per es. RATH si trasforma da “tartaruga che cammina inginocchiata” a “maiale verde”;
– è possibile però anche, con un po’ di fantasia e un po’ di fortuna, far passare un parola, autentica o inventata, per una parola-valigia; per es. far derivare MOME non da SOLEMOME, ma da (forse) FROM + HOME.
– è possibile ancora, sempre col soccorso della fantasia e della fortuna, cambiare la falsa etimologia di una parola inventata, per es.: WABE, fatta derivare prima da SWAB o SOAK, poi da LONG WAY BE-.
Ora, è estremamente probabile che Dodgson abbia creato i neologismi prima di stabilire il loro significato, e che poi si sia divertito a dare loro i significati più peregrini. Ma il fatto che anche una parola-valigia possa supportare una seconda interpretazione, fatta a posteriori, insinua il sospetto – anzi, qualcosa di più di un sospetto: una quasi certezza – che anche la prima interpretazione sia avvenuta a posteriori: si tratterebbe dunque di false parole-valigia. Lo stesso discorso vale, naturalmente, per le false etimologie. Jabberwocky può essere visto allora come un esempio estremo del processo creativo, che è tutt’altro che deduttivo e lineare, ma complesso e basato su salti logici e razionalizzazioni a posteriori.

Ma torniamo alla quartina, che adesso può essere “decifrata”:
– Dodgson: “Era sera, e i lisci, laboriosi tassi grattavano e aprivano fori nel lato del colle; tutti infelici erano i pappagalli; le gravi tartarughe squittivano.” (Charles Lutwidge Dodgson, trad. Masolino D’Amico)
– Carroll: Era sera, e i lisci, laboriosi tassi-lucertola-cavatappo giravano e aprivano fori nel prato sotto la meridiana; tutti infelici e fragili erano gli uccelli dalle penne irte; gli sperduti maiali verdi emettevano il loro muggito fischiato interrotto da uno starnuto.

E Jabberwock, che significa? Lo spiega lo stesso Carroll, in una lettera a una classe femminile che gli chiedeva di poter usare questo nome per il suo giornalino:
jabber = discussione eccitata e volubile + wocer o wocor (rampollo, frutto) =
= jabberwock (conseguenza di grande ed eccitata discussione). (Io però wocer e wocor sul mio dizionario non li ho trovati: altro scherzo di Carroll?)

Oltre a mettersi le mani nei capelli, che cosa può fare il malcapitato traduttore che incappa in un simile testo? Lo vedremo in un prossimo post. A presto, miei diletti.


La seconda parte di questo post si trova qui (clic). 


LETTURE CONSIGLIATE

– Carroll, Lewis, Alice nel paese delle meraviglieAttraverso lo specchio e quello che Alice vi trovò, Milano, Bur extra Rizzoli, 2010.
Versione italiana, a cura di Masolino D’Amico, dell’imperdibile edizione annotata di Martin Gardner.

SITI INTERNET

Per approfondire gli aspetti linguistici:
– Lucas, Peter J., From Jabberwocky back to Old English: Nonsense, Anglo-Saxon and Oxford, in Language History and Linguistic Modelling – A Festschrift for Jacek Fisiak on his 60th Birthday – Volume I, a cura di Raymond Hickey e Stanisław Puppel, Berlino, Mouton De Gruyter, 1997.
Un estratto si trova a questo indirizzo internet:
TI È PIACIUTO?
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