lunedì 10 ottobre 2016

Parole misteriose: AMBARABÀ CICCÌ COCCÒ





Ambarabà ciccì coccò,

tre civette sul comò
che facevano l’amore
con la figlia del dottore.
Il dottore si arrabbiò/ ammalò,
ambarabà ciccì coccò.



Illustrazione di Bruno Munari
(da: Nico Orengo, A-ULÍ-ULÉ. Filastrocche, conte, ninnenanne, Torino Einaudi, 1972.)

Ambarabà ciccì coccò l’abbiamo sentita e ripetuta tutti, da bambini, senza porci troppe domande: una filastrocca esiste e basta, fa parte da sempre del nostro paesaggio mentale. E non è strano che una filastrocca sia strana: i suoni e i ritmi sono più importanti del senso.
Però, a guardarla bene, Ambarabà è strana davvero. Intanto può essere divisa in tre parti nettamente caratterizzate e diverse:

1 – primo verso
Ambarabà ciccì coccò
parole sconosciute, verosimilmente inventate, senza alcun significato;

2 – secondo verso
tre civette sul comò
parole conosciute, ma accostate senza una logica apparente, per costruire una scena incongrua, surreale: un nonsense;

3 – versi successivi: 
che facevano l’amore
[...]
una storia con una logica più o meno credibile.

È un testo che va dall’oscurità alla chiarezza, dal criptico all’intelligibile, passando attraverso l’assurdo. Le sue tre parti sembrerebbero paragonabili a strati geologici sovrapposti, formatisi in epoche successive, e potrebbero testimoniare un processo creativo a tappe, sviluppatosi per successive aggiunte.
Esaminiamole allora una per una.

1 – Ambarabà ciccì coccò
Vermondo Brugnatelli, nel suo articolo Per un’etimologia di “am barabà ciccì coccò”, parte da queste due ultime parole, notando come esse violino una tendenza universale, tipica dell’invenzione liguistica ludica, a creare coppie di parole che si differenzino solo per una vocale, mantenendo invariate le consonanti e le eventuali altre vocali. Di solito si passa dalla “I” della prima parola alla “A” (oppure “O”) della seconda parola. Brugnatelli la chiama la regola del ciff e del ciaff.
Volete alcuni esempi? Eccoli:
– onomatopee e termini espressivi: tic tac (dell’orologio), din don dan (delle campane) tip-tap (ballo), tricchetracche (strumento a percussione napoletano), ninna nanna, ping-pong;
– nomi di personaggi: Tip e Tap (nipoti di Topolino), Qui Quo Qua (nipoti di Paperino), Bibì e Bibò (figliastri del capitan Cocoricò), King Kong;
– accoppiamenti fraseologici: così e/o cosà, di riffa o di raffa, chi non risica non rosica;
– marchi commerciali: KitKat (merendina), Kitekat (cibo per gatti);
– sigle: lib-lab (accordo fra Liberali e Laburisti).
Apparentemente, per noi alfabetizzati abituati a visualizzare le parole nella loro forma scritta, la coppia ciccì coccò rispetta la regola perché la consonante permane invariata; ma è una permanenza solo visiva, perché il suono è ben diverso: dolce – o palatale – (“C” di “Cina”) nella prima parola, duro – o velare – (“C” di “china”) nella seconda parola. Per rispettare la regola la pronuncia originaria sarebbe dunque stata kikkì kokkò (o, se preferite la grafia italiana moderna, chicchì coccò); ma per ritrovare questa pronuncia dobbiamo risalire addirittura a prima del V secolo, in epoca latina! E, cercando parole latine dotate di significato, Brugnatelli arriva alla conclusione che am barabà ciccì coccò potrebbe essere la corruzione di hanc para ab hac quidquid quodquod. Presupponendo che il significato del verbo latino parare fosse già slittato da quello originario di “preparare” a quello moderno di “riparare, proteggere”, Brugnatelli ipotizza che si trattasse di una conta infantile: “questa [mano] ripara dall’altra”, con finale nonsense: quidquid quodquod, rispettivamente pronome indefinito relativo neutro e aggettivo neutro = qualunque, chiunque.
Non che questo (presunto) originale abbia un gran senso, ma si tratta di una filastrocca infantile, no? E comunque l’ipotesi di Brugnatelli, se non è vera, è ben pensata.
A noi alfabetizzati la cultura orale sembra labile e ci pare impossibile che possa durare così a lungo del tempo. Ma, per fare un esempio, due studiosi (Sara Graça da Silva dell’Università di Lisbona e Jamshid Tehrani dell’università di Durham), ricostruendo l’albero filogenetico delle fiabe indoeuropee, sono giunti alla conclusione che esse hanno origini più antiche di quanto si pensasse: La bella e la bestia è risultata risalire a 4000 anni fa e Il fabbro e il diavolo addirittura a 6000!

2 – tre civette sul comò
Se qualcuno, in epoca moderna, avesse voluto dare una continuazione a questa formula misteriosa che arrivava dalla notte dei tempi, che cosa avrebbe potuto fare? Partire dal senso era impossibile, perché non c’era o era andato perduto. Cosa restava? Farsi guidare dai suoni:
ciccì → ci... ci... civetta!
coccò → co... co... [una parola tronca, per favore] comò!

3 – che facevano l’amore
[...]
Adesso che abbiamo i personaggi, bisogna inventare una storia.
Che ci facevano tre civette su un comò? facevano l’amore con la figlia del dottore. Alt! Non fate quella faccia, nella storia non c’è nulla di licenzioso: fino a qualche decennio fa, fare l’amore con significava semplicemente, “fare la corte a”, “essere fidanzato con”. E la fidanzata la si andava a visitare a casa, alla presenza dei parenti: ecco il ruolo del comò, più pratico – per appollaiarsi – di un divano. Solo che il padre questa volta era all’oscuro della cosa (o non gradiva gli spasimanti della figlia); e allora si arrabbiò (o, ironia della sorte e massima onta per un medico, si ammalò, di dolore naturalmente).

P.S.
E la filastrocca sorella, An ghin gon (o Anghingò), potrebbe avere un’origine simile? Secondo Brugnatelli sì: hanc hic huc = questa [mano?] da qui a qua.


SITI INTERNET
L’imprescindibile articolo di Vermondo Brugnatelli, Per un’etimologia di “am barabà ciccì coccò", si trova qui: 

L’articolo di Vermondo Brugnatelli, La “regola del ciff e del ciaff”, si trova qui:

Sull’antichità delle fiabe: Elena Dusi, C’era una volta nella preistoria... Quanto antiche sono le favole (La Repubblica, 22 gennaio 2016): 


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2 commenti:

  1. Belle parole misteriose, vorrei tanto dare una sede reale iniziando proprio dall'infanzia in poi. Ambarabà ciccì coccò, tre civette sul comò, che facevano l'amore, con la figlia del dottore. Il dottore si arrabbiò/ammalò, ambarabà ciccì cocco. Ho una idea, "masseria li Cicci". Può essere anche il luogo adatto per contenere ottimi spazi per : "AMBARABA' CICCI COCCO'" Un luogo per tutti, iniziando soprattutto dai bambini a contatto con la natura ed affiancare dei centri studi creativi e di ricerca per lo sviluppo e la difesa dell'uomo, la famiglia, l'impresa. Soprattutto spingere il bambino e l'uomo a non bloccare i propri sogni!

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