martedì 28 luglio 2015

LO ZECCHINO D’ORO: IL PULCINO BALLERINO ovvero COSA BALLANO I GALLI?


A commentare i canti di Dante si sono messi in tanti; a commentare le canzoni dello Zecchino d’Oro non si è messo nessuno: tranquilli, ci penso io.
Oggi tocca a:


IL PULCINO BALLERINO
Testo: Franco Maresca – Musica: Mario Pagano
Edizioni S.C.I.A. (Napoli)
Canta: Viviana Stucchi
6° Zecchino d’Oro, 1964.

Dall’uovo gobbo
di una gallina zoppa
nacque un pulcino
che zoppicava un po’.

Sembrava triste,
perciò la mamma chioccia
per consolarlo
l’
hully gully gli insegnò.

Ticche tocche, ticche tocche,
il pulcino dopo un po’
ticche tocche, ticche tocche,
a ballare incominciò.

Tre galletti verdi e gialli,
professori d’
hully gully,
il pulcino ballerino
salutarono così:

“Chicchirichì!
Chicchirichì!”

Per l’
hully gully
di quel pulcino zoppo
grilli e cicale
facevano cri cri cri.

Il babbo gallo
scoppiava dalla gioia
e nel pollaio
una festa organizzò.

Ticche tocche, ticche tocche,
il pulcino dopo un po’
ticche tocche, ticche tocche,
a ballare incominciò.

Tre galletti verdi e gialli,
professori d’
hully gully,
il pulcino ballerino
salutarono così:
“Chicchirichì!
Chicchirichì!”

 

Tre galletti verdi e gialli,
professori d’
hully gully,
il pulcino ballerino
salutarono così:

“Chicchirichì!
Chicchirichì!

Chicchirichìii-ì!”

(Ascolta e guarda la versione dal vivo di Viviana Stucchi cliccando qui.)

(Ascolta la versione registrata di Viviana Stucchi cliccando qui.)
(Ascolta e guarda il video tratto da I Cartoni dello Zecchino d’Oro vol. 5 cliccando qui.)

 


Il pulcino ballerino (1964) è uno dei miei primi ricordi dello Zecchino d’oro: una canzoncina deliziosa che parla di una condizione tutt’altro che deliziosa: la disabilità. Una condizione problematica al punto che continua a cambiare nome, in un ininterrotto sovrapporsi di eufemismi: oggi chi ne è affetto è diversamente abile, ieri era disabile, l’altro ieri portatore di handicap, prima ancora handicappato; allora era semplicemente e francamente gobbo (l’uovo) o zoppo (la gallina e il pulcino).

Il pulcino è svantaggiato e in condizione di inferiorità perché è zoppo. Ma se la zoppia è uno svantaggio quando si cammina, può diventare un vantaggio quando si balla, quando il ballo è un ballo moderno, libero, destrutturato, e magari sincopato. E così i genitori non si scoraggiano: mamma chioccia insegna al pulcino a ballare e babbo gallo lo inserisce con successo nella comunità, organizzando una festa dove il ballerino zoppo primeggia.

Il pulcino passa dall’essere “diversamente abile” perché meno abile degli altri a camminare, all’essere “diversamente abile” perché più abile degli altri a ballare.

Che morale ne possiamo trarre? Questa: chi va con lo zoppo impara a zoppicare, ma anche a ballare.

P.S.
Nella canzone c’è un dettaglio che mi stavo scordando di far notare (non è vero: è proprio per quel dettaglio che l’ho scelta): qual è il ballo preferito dai galli, e in cui sono più versati? Ma non c’è dubbio: l’hully gully!


SITI INTERNET:
http://it.wikipedia.org/wiki/Zecchino_d%27Oro 
Pagina di Wikipedia sullo Zecchino d’Oro.


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lunedì 6 luglio 2015

MARCELLO MARCHESI, ovvero UMORISMO? IL SIGNORE SÌ CHE SE NE INTENDE!

Chi non muore si ricrede.

Chi gode non si contenta.


Chi rompe paga. Chi corrompe paga meno.


Chi ha tempo si dia al bel tempo.


Al contadino

non far sapere
quanto in città 
costano le pere. 

A pittore astratto critico concreto.
   
Chi va con lo zoppo impara il twist.
   
Nessuna nuora 
buona nuora.

Chi trova un amico chiede un prestito.


Tra il dire e il farec’è una busta da dare.


Vivi e lascia convivere.

 
Meglio tordi che mais.


Il diavolo fa le pentole, i preti fanno i coperchi.


La miglior vendetta è il pernacchio.


Il mondo è fatto a scale. Chi è furbo prende l’ascensore.


Chi va piano va sano e viene tamponato poco lontano.


Chi si loda la vince.


Ogni rovescio ha la sua medaglia.


Chi si ferma è panciuto.


Si vis pacem para bellum, si vis bellum para culum.


Chi non ha testa abbia belle gambe. 


La tonsillite vien dalla campagna
in sul calar del sole.

Chi muore giace

e chi vive fa un telegramma.

(100 neoproverbi, Milano, Scheiwiller, 1965)



MARCELLO MARCHESI
(Milano, 14 aprile 1912 – Cabras, 19 luglio 1978)


[Durante il ventennio fascista] 
Se qualcuno rideva ad una mia battuta era come se mi applaudisse. Dalla rivista goliardica al giornale umoristico, al film comico bazzicai sempre quelli che fanno ridere. Avemmo il nostro periodo. La gente sulle spiagge e in città parlava il gergo inventato da noi e i personaggi da noi creati vivono ancora nei modi di dire della borghesia. Ci fu chi vide in ciò una fronda alla tirannia, chi una sorta di complicità, chi un fenomeno di immaturità politica e letteraria. Quanto a me era un modo di vivere che non mi faceva soffrire. Forse ero un cretino.

[Nel secondo dopoguerra] 
Quando l’umorismo fu svalutato, mi misi a combinare le parole in maniera che facessero vendere. Mi slogavo le meningi alla ricerca di slogans [sic] che elevassero i prodotti più in alto nei magazzini dove giacevano e provocassero associazioni d’idee più gradevoli del volgare uso dei prodotti stessi. insomma ho sempre lavorato sulle parole come un ciabattino, tirandole di qua e di là, rovesciandole, adattandole a tutti gli usi. (Il Malloppo, pagg. 23-24) 

Con queste parole Marcello Marchesi condensa il suo curriculum: un’attività frenetica che lo portò a scrivere per le riviste umoristiche (Bertoldo, Marc’Aurelio, ecc.), per il teatro (una cinquantina di spettacoli di rivista), per il cinema (62 film, di cui 15 con Totò, per limitarsi a quelli in cui è accreditato), per la radio e la televisione (una trasmissione per tutte: Il signore di mezza età, di cui fu anche conduttore), per la pubblicità (più di 4000 Caroselli), trovando pure il tempo di scrivere 21 canzoni e qualche libro.
Formidabile battutista, applicò questo suo talento alla creazione di slogan pubblicitari per Carosello rimasti famosi:  

Non è vero che tutto fa brodo (brodo Lombardi) (clic e clic)

Con quella bocca può dire ciò che vuole (dentifricio Chlorodont) (clic e clic)

Il signore sì che se ne intende (brandy Stock 84) (clic e clic)

Il brandy che crea un’atmosfera (brandy Vecchia Romagna etichetta nera) 

Ah! Aperol! (clic)

Lo slogan con la storia più curiosa è quello di un noto lassativo: per aggirare il divieto di usare tale termine in tv, Marchesi partorì il celebre: 

Falqui: basta la parola! (confetto lassativo Falqui) (clic) 

Un talento dilapidato, secondo Longanesi, come racconta Indro Montanelli: Leo Longanesi che amava Marcello Marchesi rabbiosamente per lo spreco che faceva del suo talento, quando lo incontrava, gli diceva: “Devo fare una telefonata, mi dai un gettone di intelligenza?” E un giorno mi ordinò un epitaffio per lui. Eccolo “Qui giace un nessuno – che se avesse voluto – avrebbe potuto diventare – Marcello Marchesi –. Purtroppo o per fortuna – non lo seppe mai –. Come tutti i geni – era un cretino”. (Non sono riuscito a rintracciare la fonte della citazione, che ricavo dal bell’articolo nel blog di Fabrizio Caramagna (Torino, 1969), scrittore, studioso e traduttore di aforismi.)

In realtà la frammentarietà era insita nel metodo creativo di Marchesi.Il suo era un metodo basato sul gioco di parole: Marchesi partiva spesso dal materiale verbale – luoghi comuni o semplici sonorità – per ricavarne solo dopo un significato:  

1 – deformazione di proverbi o modi di dire: 

1a – alcuni esempi semplici: 

Dopo Lolita. “Mio marito è di una fedeltà a prova di bimba.” 

Tutto il mondo è palese. 

Burocrazia: bolli, sempre bolli, fortissimamente bolli.

 Galateo, perché sei morto? 

(Diario futile, Milano, Rizzoli Editore, 1963) 

1b – e uno più complesso, dove il classico finale delle fiabe: 

Lunga la foglia,
stretta la via, 
dite la vostra, 
ché ho detto la mia. 

diventa: 

LUNGA LA FILA 

Lunga la fila
stretta la via 
fece un sorpasso
e… così sia. 
(Essere o benessere?, Milano, Rizzoli Editore, 1962)
 
2 – ricerca di assonanze/consonanze:
 

2a – constatazione di una consonanza (perla/pirla/porla), che genera una piccola storia:  

CONGEDO 

Pescare l’ostrica 
sperando nella perla. 
Aprire l’ostrica
restando come un pirla.
Gettare l’ostrica 
e dentro il mar riporla. 
Questa è la vita 
del pescator… 
(Ultima pagina di Essere o benessere?, Milano, Rizzoli Editore, 1962) 

2b – sostituzione di una parola con una assonante/consonante; es.: liquorelivore (il premio Strega prende il nome dall’omonimo liquore):

PREMIO STREGA

E brindan tutti 
al vincitore 
con un bicchierino 
di livore. 
(Il sadico del villaggio, Milano, Rizzoli Editore, 1964) 

2c – in altri casi l’assonanza/consonanza viene invece cercata: quale ponte sonoro può unire il nome di Carlo Bo alla città di Urbino, della cui università fu rettore per tantissimi anni? Apparentemente nessuno. E invece: 

BE’? 

Bo
in Urbino 
si inurbò. 
(Il sadico del villaggio, Milano, Rizzoli Editore, 1964) 

Altre volte Marchesi ricorreva invece: 
3 – al paradosso: 

“A San Rossore” dice Giancarlo “si è svolto il ‘Congresso dei timidi’. Ma, per timore, non si è presentato nessuno.” 
(Diario futile, Milano, Rizzoli Editore, 1963) 

Paradosso portato fino a punte estreme di umorismo nero: 

MATTI A MAUTHAUSEN
 

Per errore
restò 
chiuso
quella volta 
nella nostra camera a gas 
uno delle SS.
Morimmo ridendo.
(Essere o benessere?, Milano, Rizzoli Editore, 1962) 

4 – alla demistificazione di luoghi comuni: 

Regina della casa 
appendi 
la corona al chiodo 
e fammi un brodo.
(Diario futile, Milano, Rizzoli Editore, 1963) 

5 – all’abbassamento di tono:
 la poesia precedente è anche un esempio di abbassamento di tono; altri esempi:  

“Vedi là quella valle interminata 
che lungo la toscana onda si spiega 
quasi tappeto di smeraldi adorno?” 
“No.” 
“Come non detto.” 
(Diario futile, Milano, Rizzoli Editore, 1963) 

Rumori che ci perdiamo in città. Il tac di una pera che cade, il porcogiuda del contadino colpito dalla pera. 
(Diario futile, Milano, Rizzoli Editore, 1963) 

BALERA 

Ragazze buone 
ragazze belle 
con l’odore
di minestrone 
sotto le ascelle.
(Diario futile, Milano, Rizzoli Editore, 1963) 

Le parole di Longanesi vanno però contestualizzate: Longanesi muore nel 1957, quando Marchesi ha appena concluso il ciclo di collaborazioni alla sceneggiatura di film di Totò – film privi di qualsiasi velleità artistica, fatti con l’unico intento di divertire –, ma non ha ancora pubblicato nulla (se si esclude il precoce libro di poesie in romanesco Aria de Roma, Milano, La Prora, 1933). 

Genio della battuta e dell’epigramma fulminante, in realtà in seguito Marchesi seppe trasformare la sua ispirazione frammentaria da limite a cifra stilistica. 

Se Diario futile (1963) è un pot pourri di battute, rime, epigrammi, aneddoti, apologhi, la cui eterogeneità è sottolineata dalla varietà del trattamento tipografico, Essere o benessere? (1962) e Il sadico del villaggio (1964) hanno un carattere unitario, sia per la forma (poesia o epigramma), che per il contenuto (la critica di costume, il malessere esistenziale). E nei romanzi che vengono dopo – di ispirazione autobiografica – questa frammentarietà assume funzionalità espressiva: ne Il malloppo (1971) la profluvie di battute si fa mal digerito (e a dire il vero mal digeribile: manca la suddivisione in capitoli) flusso di coscienza, espressione di un malessere esistenziale (il “malloppo”, appunto); in Sette zie (1977) la narrazione si scinde in più voci: il racconto in terza persona si alterna a quelli di più io narranti.

 Nell’affrontare la forma poetica Marchesi – prudentemente, ma da par suo – mette le mani avanti: […] niente paura, non sono poesie. Non sono un poeta. Figuratevi, ci vuol altro. Moglie affettuosa, lavoro sicuro, casa confortevole, salute passabile, poca memoria, forte appetito, buon carattere… è difficile scrivere versi in queste condizioni. Versi veri, dico. Sfido chiunque. Sì, si può sperare in una leggera malattia, in un ribasso dei titoli in Borsa, o in una ragazza che ti ceda il posto in tram e ti faccia sentire l’ultimo vecchio della terra. Anche la morte di un parente può ispirare, ma poi l’arrivo dell’eredità rovina tutto. Io non scrivo versi, più che altro vado a capo ogni tanto.
(Essere o benessere?, Milano, Rizzoli Editore, 1962) 

È ovvio che, dati i suoi precedenti di umorista disimpegnato, Marchesi si schermisca. Ma le sue composizioni non sono una pura e semplice collezione di battute: la poesia c’è, perché c’è la sofferenza. 

Il gioco di parole si fa mezzo di denuncia di una condizione esistenziale: 

ALIENAZIONE  

Sì, hai messo
il dito nella piega.
È una lotta tetanica 
abbiamo abbattuto 
il muro del sonno 
lavoriamo a stretto contatto 
di vomito
e ci lasceremo
alla fermata del trauma.
(Essere o benessere?, Milano, Rizzoli Editore, 1962) 

Un tema soprattutto percorre la sua opera letteraria: il declino fisico, acuito dal contrasto generazionale. Declino fisico declinato malinconicamente: 

LA VISITA 

Porto mio nipote 
dal medico
perché controlli 
se il suo sviluppo è regolare.
E dopo che ha visitato 
il bambino
visita me
per vedere se è regolare
il mio declino.(Essere o benessere?, Milano, Rizzoli Editore, 1962) 

ma anche con tenerezza: 

COMPLICI 

Il bimbo è basso
è curvo il vecchio 
e vanno a spasso
parlandosi all’orecchio. 
(Essere o benessere?, Milano, Rizzoli Editore, 1962) 

Declino fisico raccontato con disincanto: 

L’unica consolazione della vecchiaia è che hai tante cose da raccontare.Se trovi chi te le ascolta.
(Diario futile, Milano, Rizzoli Editore, 1963) 

ma anche con rassegnata autoironia:
  
Arrivano i primi acciacchi. La vecchiaia si attacca qua e là. Be’! Meglio tardi che sempre.(Diario futile, Milano, Rizzoli Editore, 1963) 

Contrasto generazionale vissuto con sarcasmo: 

MEGLIO LA MUSICA MIA
  
Nel duemila
un vecchiaccio mangiacatarro 
sporcamutande
pisciapercasa
canticchierà un twist 
della sua gioventù. 
Anni prima morirò
però 
farfuglierò 
Basin Street Blues.
(Il sadico del villaggio, Milano, Rizzoli Editore, 1964) 

o con amarezza: 

PICCOLO ANIMALE 

Ha ancora il sale 
sulla bocca 
e i capellucci umidi 
d’acqua lustrale 
e grida come un dannato.
Che vuole? 
Di che si lamenta
il piccolo animale? 
È nato, lui, è nato 
quando io ho già 
cinquant’anni 
e forse sarò morto 
quando lui ne avrà venti
e starà a fare il soldato
così non verrà 
al mio funerale,
il piccolo animale. 
Io morrò e lui vivrà! 
Padrino? 
Becchino, vorrei essere 
di questa vezzeggiata 
“creatura” 
che sembra un piede sudato
dalla pianta rugosa
e che urla. 
Quel mostro,
quella cosa
vedrà 
gli Uomini nella Luna
avrà 
mille e una 
donne: brune, bionde
grasse, tonde
con o senza busto
(di suo gusto 
insomma) 
e io sarò polvere! 
Ma gli verrà l’ulcera allo stomaco…
la gomma al ginocchio…
un satelloide 
partito male 
gli finirà in un occhio…
piccolo animale! 
Piglierà una storta, 
sarà cornuto! 
No, non importa 
se avrà una vita
più breve della mia.
Che volete che sia?
Mi brucia e mi fa male 
che viva più di me 
un giorno, un’ora, un minuto,
il piccolo animale.
(Essere o benessere?, Milano, Rizzoli Editore, 1962)

            Marchesi dedicò la sua vita a far ridere gli altri: un lavoro forse futile, per qualcuno, ma certamente tutt’altro che facile. Perché, se Anche un cretino può scrivere un saggio, ma non viceversa (Il Malloppo, Milano, Casa editrice Valentino Bompiani, 1971), possiamo aggiungere che anche un cretino può scrivere un saggio, ma non una battuta di spirito. Per questa ci vuole intelligenza, intelligenza che Marchesi mise alla prova per tutta la vita: I calli alle mani sono sacrosanti, ma io ho un callo al cervello alto due dita. (Diario futile, Milano, Rizzoli Editore, 1963)


LETTURE CONSIGLIATE
Ahimè, i libri di Marchesi sono quasi tutti fuori commercio. Sono tuttavia facilmente reperibili sul mercato antiquario e in Internet (eBay, Maremagnum).
Personalmente consiglio di leggere:

Essere o benessere?, Milano, Rizzoli Editore, 1962
Diario futile, Milano, Rizzoli Editore, 1963
Il sadico del villaggio, Milano, Rizzoli Editore, 1964

I tre libri sono stati raccolti nel cofanetto:
Futile e dilettevole, Milano, Rizzoli Editore, 1964

Scheiwiller pubblicò tre minuscoli libriccini di Marchesi:
100 neoproverbi, Milano, Scheiwiller, 1965
Il “Chi sarebbe?” definizionario di celebrità, Milano, Scheiwiller, 1967
“Sancta publicitas”, Milano, Scheiwiller, 1970

Sono libriccini rari e molto costosi; è proprio per la loro difficile accessibilità che ho deciso di scegliere le battute di Marchesi, da mettere all’inizio del post, dal primo di questi, mettendole gratis a vostra disposizione, miei diletti. 


SITI INTERNET

Sito ufficiale di Marcello Marchesi, gestito dai suoi eredi e dall’Associazione Culturale a lui intitolata.

Pagina di Wikipedia su Marcello Marchesi.

Marcello Marchesi: sigla de Il signore di mezza età.

Marcello Marchesi e Gisella Pagano: sketch Grazie zio.