Versi diversi, contro l’ambizione:
Non lasciarti inanimire,
O lettor, da inani mire:
E’ un vantaggio incalcolabile,
Esser uomo in calcol abile.
Perchè infatti accapigliarsi,
S’è poi d’uopo acca pigliarsi?
Chi comincia a litigare,
Dopo alterchi liti gare
(Causa gli emuli, incorrotti
All’aspetto, ma in cor rotti,
E da tempo in crude liti
Come belve incrudeliti)
E’ da tutti allontanato
Come un uomo all’onta nato.
Ed allora l’infelice,
Chè così dirlo in fè lice,
Non trovando al male empiastri,
Se la piglia con gli empi astri!
E, le angosce per finire,
Lo si vede perfin ire
A cercar distillerie
(Oh meschin!) di stille rie...
– Via, lettor:
non è infinito
Il mio carme, ma in fin ito.
Ben l’avrei confezionato,
Fossi pur con fez io nato,
Sol perchè d’ogn’uom perverso
Amo fare un uom per verso.1
Questo il carme; eccoti adesso
La morale unita ad esso:
Ami te teneramente?
Devi allor tener a mente
Che in inverno e in temp’estivo,
Cioè sempre, è intempestivo
Il lasciarsi inanimire
Da fallaci inani mire.
C. V. D. [Come volevasi Dimostrare]
(da Bizzarrie letterarie)
1 – Nell’originale: perverso, tutto attaccato. Nel
testo ho mantenuto l’ortografia originale: E’ invece di È, fè
invece di fé, ecc.
[APELLE]
Apelle, figlio d’Apollo, fece una palla di pelle di
pollo, e i pesci venivano a galla per vedere la palla di pelle di pollo
d’Apelle d’Apollo.
– Ma quel pollo chi mangiollo?
Ecco qua: pel padre Apollo
presto Apelle suo rampollo
cosse il pollo messo a mollo.
Fece poscia un picciol collo
e, trovato un francobollo,
sopra il collo per Apollo
colla colla collocollo.
“Colla colla collocollo”!
Signori, di fronte a un verso così non si può proseguire come se niente fosse:
bisogna fermarsi e levarsi in cappello.
Fatto? Allora possiamo riprendere
la lettura:
Poi dubbioso su quel bollo
portò il pacco pel controllo
alla posta ed inoltrollo...
Con il pollo del rampollo
presto Apollo fu satollo.
O lettor, di rime in ollo
sei tu pure già satollo?
“Fino al collo!” – Sòllo, sòllo:
sonlo anch’io; per cui qui... crollo
con tracollo a rompicollo!!
(inedito, pubblicato in Sulle rime del Don, di Franco
Gabici)
ANACLETO BENDAZZI
(Fornace Zarattini, RA, 25 gennaio
1883 – Ravenna, 28 febbraio 1982)
[...] il più strabiliante e sconosciuto
maestro di giochi verbali che abbia avuto l’Italia nell’ultimo secolo: così
lo commemorò Giampaolo Dossena su la Stampa (1 marzo 1982). E don
Bendazzi le parole le amò davvero: fu insegnante di latino greco ebraico
tedesco e, inoltre, conosceva anche copto inglese francese ed esperanto. Ma non
era interessato alla letteratura; così diceva ai suoi allievi: “Per la
letteratura dovete arrangiarvi con i manuali o coi libri di testo. Oppure, se
proprio ci tenete, andate a parlare con chi sa di letteratura. Io non faccio
questo tipo di lavoro.” Si giustificava sostenendo che le letterature
antiche, per le tematiche scabrose e piccanti, non erano adatte ai seminaristi.
Era invece attentissimo alla metrica, che conosceva profondamente (“Al mondo
di prosodia e di metrica se ne può sapere come me, ma non di più.”), tanto
da arrivare a scrivere a Giovanni Pascoli facendo osservazioni e proposte di
modifica ai suoi versi in latino.
Era un
poliglotta e insegnava le lingue, ma non le usava: quando un confratello
straniero soggiornava in Seminario, don Bendazzi si rendeva irreperibile: “Sono
un professore e come tale non sbaglio nemmeno una lettera. Anzi potrei anche
scrivere una grammatica intera senza commettere errori. Ma se mi metto a
parlare potrei anche sbagliare e allora ricaverei una brutta figura e sarebbe
controproducente per la mia immagine di professore.”
Il fatto è che
don Bendazzi aveva qualche problema a rapportarsi con gli altri:
1 – Appena ordinato sacerdote fu
destinato a fare il cappellano a Santerno, nei dintorni di Ravenna; ma, dopo
aver ascoltato un po’ di confessioni durante la Settimana Santa, fu preso dal
panico e scappò via, tornando a piedi a Ravenna.
2 – Quando celebrava la messa,
saltava sempre l’omelia.
3 – Tutti i giorni, alla stessa
ora e con lo stesso percorso, faceva la sua passeggiata, pagando, si dice, per
avere la compagnia di don Terzo Benedetti (parroco della chiesa del Suffragio),
ma senza scambiare una parola!
In realtà la
lingua per don Bendazzi non era funzionale alla comunicazione: era un
meraviglioso giocattolo da smontare e rimontare continuamente. All’allora seminarista Francesco Fuschini che
lo criticava perché umiliava la parola a struttura e gioco, mentre Dio ce
l’ha data per fini ben più alti rispose aspramente: “Somaro, scava
dentro e non far l’amore con le belle lettere!”
Don Bendazzi pubblicò un’unica opera, a sue
spese: Bizzarrie letterarie; 236 pagine contenenti Migliaia di frasi
anagrammate, un migliaio di linee bifronti, molti acrostici, frasi bilingui,
bisticci, centoni virgiliani, date bizzarre, mille definizioni argute, echi,
etimologie spiritose, frasi correlative, frasi doppie, frasi sibilline, motti,
quadrati di parole, scioglilingua, sonetti monosillabici, tautogrammi, versi
leonini, stranezze ingegnose d’ogni genere in italiano, in latino (e in altre
lingue), creazioni dello stesso Bendazzi e di altri, di argomento sia
religioso che profano.
Bazzecole andanti le definisce don Bendazzi, anagrammando il
suo nome; bazzecole forse lo sono, andanti certamente no: si tratta di
pagliuzze, certo, ma di pagliuzze d’oro.
Bizzarrie letterarie è la Bibbia dei giochi di parole: si fa un
anagramma o un palindromo, lo si dice a un amico, e questo risponde, loscamente
ilare: “l’ho già sentito, dev’essere nel ‘Bendazzi’”. Infatti l’anagramma
c’era, c’era sempre, nel Bendazzi. (Stefano Bartezzaghi)
Don Bendazzi aveva sempre amato i palindromi: Bizzarrie
letterarie uscì il 15-1-’51, data palindroma che, conoscendo l’autore,
certamente non era casuale. In questo suo amore fu coerente fino alla morte:
morì infatti a 99 anni (numero palindromo), appena in tempo per evitare di
diventare “secolare” – condizione disdicevole per un ecclesiastico, sosteneva
scherzando – il 28-2-’82 (data anch’essa palindroma): non si può dimostrare, lo
sappiamo, che Dio esiste, ma questo fatto ne costituisce, indubitabilmente, un
forte indizio...
E così, con questa uscita di scena
estremamente coerente, don Anacleto Bendazzi andò a raggiungere quelli che
considerava i suoi santi protettori: San Matteo, San Mattia, San
Giovanni da Capistrano, Santa Maria Maddalena dei Pazzi e il
beato Vincenzo Maria Strambi, in saecula saeculorum amens (=
matto nei secoli dei secoli).
A novantanove anni suonati aveva l’estro dei
sogni e la matematica dei calcolatori. (don Francesco Fuschini)
LETTURE CONSIGLIATE (da cui ho tratto i testi e le informazioni di
questo post)
- Anacleto Bendazzi, Bizzarrie
letterarie, presso l’autore nel Seminario di Ravenna, 1951(con fascicoli aggiunti nel 1965 e nel 1978).
Il testo, stampato in sole 2000 copie, è quasi
introvabile; con molta pazienza e un po’ di fortuna, andando periodicamente
su maremagnum.com (come ho fatto io), forse riuscirete a procurarvelo.
- Stefano Bartezzaghi (a cura
di), Le stranezze ingegnose di Anacleto Bendazzi - Bazzecole andanti, Vallardi,
1996 (ISBN 88-11-90464-1).
Bartezzaghi ha
raccolto in questo libriccino quasi tutti i giochi di parole in italiano di don
Bendazzi pubblicati su Bizzarrie letterarie, escludendo quelli in altre
lingue e quelli di altri autori. Il libro è esaurito, ma ancora reperibile
senza troppe difficoltà nel mercato dell’usato.
- Franco Gabici, Sulle rime
del don – La vita e giochi di parole di don Anacleto Bendazzi, Ravenna,
Edizioni Essegi, 1996 (ISBN 88-7189-233-X).
Bella e
approfondita biografia, con in appendice numerosi inediti di don Bendazzi. Il
libro, pur con qualche difficoltà, è ancora reperibile.
- Franco Gabici, Don Bendazzi,
in Ardis Monthly:
http://www.fannyalexander.org/monthly/attuale/salons.htm
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Caro stonato e senza biella... intanto benvenuto!
RispondiEliminaBenvenuta a te! Spero di vederti spesso!
EliminaBravo professore col bollitore nel cervello hai fatto un bel castello
RispondiEliminaAppunto: il mio cervello non è bollito - spero - ma in ebollizione!
EliminaSe un'ape apatica/posa una natica/sul fior di cardo/diventa un dardo" (TOTI SCIALOJA)
RispondiEliminaCiao Sebastiano, complimenti :-)
Un post su Toti Scialoja - ovviamente - prima o poi arriverà.
EliminaComplimenti per il post su don Bendazzi; ma è veramente volato in cielo il 28-2-82? incredibile!!!
RispondiEliminaTutto vero: lunedì 28 febbraio 1982, ore 4,30 (i preti sono mattinieri).
EliminaCiao Seba - sono anch'io colpita dal 28-2-82 del don bendazzi... e da tutto il resto...
RispondiEliminaEh sì, Marzia, è un'uscita di scena di quelle che non si dimenticano. Io, per parte mia, essendo nato di Venerdì Santo (quando morì Lui), sogno - mi dispiace per i parenti - di morire il giorno di Natale (di un anno ancora molto al di là da venire, si intende.
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